Miti, Ipotesi ed Evidenze

Riguardanti l'Origine dei Popoli

 

L'origine dei Rom e Sinti

Molti miti sono stati creati sull'origine di quel misterioso popolo che è presente in ogni paese occidentale e viene chiamato con diversi nomi, tali come Zigani, Gitanos, Gypsies, Cigány, ecc., la cui denominazione corretta č Rom (o meglio, Rhom) per la maggior parte dei gruppi oppure Sinti per altre comunità. Non esporremo qui le leggende universalmente riconosciute come tali, ma l'ultimo mito ed il piů diffuso che č tuttavia tenuto in considerazione dagli studiosi: la loro presunta etnicitŕ indo-europea.
Il fatto che i Rom raggiunsero l'Europa dopo un lungo viaggio che a quei tempi era iniziato in qualche regione dell'India non implica affatto che quella fosse la loro terra d'origine. Tutti dobbiamo provenire da qualche parte dove i propri antenati sono vissuti, magari essendo anch'essi arrivati lì da un altro paese.
L'intera ipotesi che sostiene la loro presunta etnicità indo-europea si fonda su un solo elemento: la lingua romanì. Tale teoria non tiene alcun conto di fattori culturali molto più rilevanti che mettono in evidenza il fatto che i Rom non hanno alcuna cosa in comune con i popoli indiani al di fuori di elementi puramente linguistici. Se dobbiamo prendere seriamente le ipotesi che si fondano sui soli indizi forniti dalla lingua per determinare l'origine dei popoli, dovremmo assumere che quasi tutti i nordafricani provengono dall'Arabia, che i Giudei Ashkenazim sono una tribù tedesca, che i Giudei Sefaradim sono soltanto una minoranza religiosa spagnola ma non un altro popolo, e così via. Gli afroamericani non conoscono nemmeno la lingua dei loro antenati e parlano soltanto inglese, quindi, dovrebbero essere inglesi. Insomma, la sola lingua non costituisce una base sufficiente per determinare l'etnicità, e tutti gli altri elementi culturali sono contrari alla presunta origine indiana dei Rom, compresi alcuni indizi presenti nella stessa lingua romanì. I fattori più importanti che permangono impressi nella cultura dei popoli sin dal passato più remoto sono di natura spirituale, i quali si manifestano nei loro sentimenti più intimi, comportamenti tipici, memoria collettiva, ovvero, un legame di carattere atavico. In questo studio, inizierò esponendo i miti prima di presentare le evidenze e l'ipotesi che ne deriva sulla vera origine dei Rom.

Gli studiosi hanno fatto molti sforzi allo scopo di provare l'origine indiana dei Rom, ciononostante tutti hanno fallito per mancanza di prove convincenti. Alcuni racconti presi come punti di riferimento, come le storie di Firdawsi, sono caduti in discredito. Tutti i popoli che sono stati presuntamente collegati ai Rom, ovvero Dom, Luri, Gaduliya Lohar, Lambadi, Banjara, ecc. non hanno in realtà alcun rapporto etnico con essi, e neanche origini comuni. L'unica somiglianza apparente consiste nello stile di vita errante e nei mestieri tipici comuni ad ogni tribů transumante, di qualsiasi estrazione etnica essa sia. Tutti questi mancati risultati sono la conseguenza naturale di ricerche svolte su dei parametri sbagliati: hanno infatti ignorato l'essenza della cultura Rom, cioè, l'eredità spirituale, la quale è incompatibile con qualsiasi popolo dell'India.

Una teoria che ultimamente sta raccogliendo successo nell'ambiente intellettuale interessato all'argomento - e che è destinata a fallire come tutte le ipotesi precedenti - presume aver individuato la "città" originale da cui i Rom potrebbero provenire: Kànnaugi, in Uttar Pradesh, India. L'autore ha comunque raggiunto alcune conclusioni valide che hanno discreditato tutte le teorie precedenti, ma continuando sulla stessa traccia di quelle, cioè l'indizio linguistico, ha mancato comunque il bersaglio. Infatti, l'autore fonda la sua intera teoria sulla cosiddetta prova linguistica, che è assolutamente insufficiente a spiegare i fattori culturali non collegati alla lingua e che sono indubbiamente molto più rilevanti, e non provvede evidenze reali per sostenere la sua teoria.
In questo studio citerò alcune asserzioni dell'autore, anche se sostituendo il suo strano modo di trascrivere le parole in lingua romanì con un sistema più preciso e comprensibile - ad esempio, la "rr" non rappresenta alcun fonema romanì; la "r" gutturale è meglio rappresentata come "rh", anche se non tutti i dialetti romanì la pronunciano, come la denominazione etnica "Rom" si pronuncia sia "Rhom" che semplicemente "Rom". Infatti, l'"h" viene usata convenzionalmente per segnalare una dizione complementare o modificata della consonante che la precede, quindi, quando l'uso di accenti grafici, circonflessi ed altri segni aggiuntivi devono evitarsi, l'"h" è la miglior lettera complementare in molti casi. Personalmente preferisco usare l'alfabeto sloveno con alcune varianti per trascrivere più accuratamente la lingua romanì, tuttavia, essendo che i segni grafici non convenzionali non sono sempre visualizzabili in internet, uso il sistema alternativo.

Nell'esporre la suddetta teoria, inizierò citando un'affermazione dell'autore che è da considerarsi accertata e con cui sono d'accordo:

"Č saputo che non esiste alcun popolo nell'India chiaramente imparentato con i Rom; I vari gruppi nomadi etichettati come 'gypsies' (con 'g' minuscola) nell'India non hanno alcun rapporto etnico o genetico con i Rom. Hanno acquisito la denominazione di 'gypsies' dalla polizia colonialista britannica, che nel diciannovesimo secolo li associò con i 'Gypsies' dell'Inghilterra per analogia. Per giunta, applicarono loro le stesse leggi discriminatorie vigenti nei confronti dei 'Gypsies' inglesi. Successivamente, molti ricercatori europei, convinti che il nomadismo o la transumanza fosse un fattore fondamentale dell'identità Rom, insistettero in confrontare i Rom con le varie tribù nomadi dell'India, senza trovare alcuna caratteristica comune perché le loro ricerche erano condizionate dai loro preconcetti nei riguardi dei gruppi nomadi ".

Questo è vero, i ricercatori hanno preso dei parametri pre-concepiti sui quali hanno costruito le loro ipotesi. Tuttavia, l'autore non è esente d'aver commesso lo stesso errore. Dalla sua propria dichiarazione emergono i seguenti quesiti: Perché non esiste nessun popolo in India che abbia alcun rapporto con i Rom? Perché l'intera popolazione Rom emigrò senza lasciare la minima traccia di sé, o dei popoli imparentati con loro? C'è solo una risposta verosimile: perché non erano indiani, i loro origini non appartenevano a quella terra e la loro cultura era profondamente incompatibile con quella dei popoli indiani. Soltanto una minoranza religiosa può emigrare in massa da una terra in cui la maggioranza degli abitanti appartiene allo stesso ceppo etnico. Ed una minoranza religiosa in quei tempi implicava un credo "importato", non generato nel seno della società indoariana. Il presunto esilio nel Khorassan che l'autore presenta come motivo per cui i Rom lasciarono l'India è infondato e manca nel fornire una spiegazione riguardante i credi e tradizioni ancestrali dei Rom, che non sono né indiane né islamiche (perché il Khorassan in quei tempi non era più mazdeista), ma riprenderò questo argomento più avanti.
Comunque, l'autore debella un mito nella sua seguente affermazione:

"In quanto alle presunte somiglianze fra il romanès e questa o quella lingua indiana, solitamente pundjabi e rajastani, questo è solo uno stratagemma praticato dai nazionalisti che parlano queste lingue e difendono le rispettive nazionalità: il loro scopo è semplicemente quello d'aumentare il numero della propria popolazione ".

Questo è vero. Ho per caso trovato nella rete diversi gruppi di discussione Rajput/Jat, i quali sono (o dicono d'essere) convinti che i Rom sono un clan Jat o Rajput. Siano essi in buona fede o no, è certo che le loro dichiarazioni si pronunciano in un contesto nazionalistico e sembrano avere propositi politici. La cosiddetta prova che citano più frequentemente è che gli arabi chiamavano i Rom "zott", che significa "jat", da quando i Rom apparentemente giunsero nel Medio Oriente. Sinceramente, i racconti degli storici arabi sono leggermente più affidabili delle "1001 Notte" in quanto ad esattezza.

Avendo prestato il dovuto credito all'autore della "teoria Kànnaugi" per queste importanti riflessioni, ora esporrò le sue asserzioni su cui egli ha erratamente fondato tutta la sua ipotesi:

"Contrariamente a quanto si legge in quasi tutte le pubblicazioni, i primi Rom arrivati in Europa erano pienamente consapevoli delle loro origini indiane. C'è evidenza di questo in diversi documenti del quindicesimo e sedicesimo secolo. Č stato solo dopo che la mitica origine egizia sfidò i racconti originali dei Rom sulle reali origini indiane. Più prestigiose, eventualmente avrebbero contribuito alla loro integrazione in Europa. Di fatto, il mito dell'origine egizia dei Rom fu poi gradualmente accettato come autentico".

Prima di rispondere a quest'asserzione, vorrei mostrare un'altra dichiarazione dell'autore in cui egli si contraddice:

"Di tutte le leggende, una delle più persistenti è quella della presunta origine egizia del popolo Rom, che essi stessi iniziarono a diffondere già nel sedicesimo secolo. [...] In entrambi casi, il prestigio dell'Egitto, riflesso nella Bibbia, e le storie di persecuzioni sofferte dai cristiani in quel paese probabilmente agevolarono una maggior accettazione della leggenda egizia piuttosto che delle origini indiane, e probabilmente aiutò loro ad ottenere lasciapassare e lettere di raccomandazione da prìncipi, re e anche dal papa".
(Lo spazio tra parentesi quadre sarà riportato più avanti)

La prima asserzione è imprecisa, perchè ci sono documenti più antichi, persino del dodicesimo secolo e.c., in cui gli "Egizi" sono nominati con riferimento ai Rom. Solitamente i Rom sono stati chiamati in diversi modi secondo la loro provenienza immediata, ad esempio in Europa i primi Rom erano conosciuti come "bohémiens", "ungheresi" (questa denominazione è ancora molto in uso in molti paesi), ecc., mentre gli arabi chiamavano loro "zott", volendo dire "jat", perché provenenti dalla Valle dell'Indo. Non sono mai stati chiamati "indiani" in Europa. Tuttavia, essendo i Rom arrivati in Europa dall'Iran e l'Armenia attraverso il Bòsforo, è improbabile che siano passati dall'Egitto - c'era nella loro propria memoria storica l'idea d'essere stati una volta in Egitto, da dove i loro pellegrinaggi ebbero inizio, e dichiaravano la loro origine più remota. In quel tempo, l'India era stata completamente dimenticata. Prima di giungere in territorio bizantino, come l'autore stesso ammette, i Rom vissero per un lungo periodo in paesi islamici, ed è risaputo che chiunque abbraccia l'islam difficilmente si convertirà al cristianesimo. Invece, quando i Rom arrivarono a Bisanzio erano già cristiani.
Dunque, sorge un quesito interessante: Come potevano i Rom conoscere LA BIBBIA in territorio musulmano? Questo è qualcosa che l'autore non può spiegare, perché i Rom non conoscevano le Scritture se non per sentito dire fino a tempi recenti! Sicuramente in India, Persia e nelle terre degli arabi, dove sono passati prima di arrivare in Europa, non potevano certamente aver mai sentito un commento sulla Bibbia, e senz'altro neanche in Bisanzio o Europa, dove le Scritture erano vietate alla gente comune e non erano scritte in lingua corrente. Non esisteva alcuna possibilità che i Rom conoscessero la Bibbia, se non perché la storia biblica era profondamente impressa nella propria memoria collettiva. Questa memoria fu conservata durante il lungo esilio in India, in maniera così forte che non adottarono nemmeno il più insignificante elemento della cultura induista o di qualcun'altra esistente nell'India.
La maggioranza dei Rom legge oggi la Bibbia, e tutti loro esclamano con stupore: "Tutte le nostre leggi e regole sono scritte nella Bibbia!" - Nessun altro popolo al mondo eccetto i Giudei può dire queste cose, nessun popolo dell'India, né di nessun'altra terra:

(Questo è lo spazio tra parentesi sopra)
"In ogni caso, a Bisanzio in tempi lontani, gli indovini zingari erano chiamati Aigyptissai, 'Egizi', ed il clero proibì a chiunque di consultarli per la predizione della fortuna. Sulla base del libro d'Ezechiele (30:23), i Rom erano chiamati Egizi non solo nei Balkani ma anche in Ungheria, dove nel passato vi si riferiva a loro come 'popolo del Faraone' (Faraonépek), e nell'occidente, dove parole d'origine greca in riferimento agli Egizi (Aigypt[an]oi, Gypsy e Gitano) sono ampiamente usate per nominare il ramo atlantico del popolo Rom".

Doveva pur esserci un motivo per cui a Bisanzio erano chiamati Egizi, motivo che l'autore non spiega. Ciò era perché i Rom stessi riconoscevano d'essere stati in Egitto in un'epoca remota. C'è anche un'altra parola greca con cui i Rom erano identificati a Bisanzio: "Athinganoi", di cui derivano i termini Cigány, Tsigan, Zingaro, etc. I bizantini conoscevano perfettamente chi erano gli Athinganoi, ed identificarono con loro i Rom. Infatti, la scarsa informazione che abbiamo riguardante quel gruppo coincide in molti aspetti con la descrizione dei Rom odierni. Non ci sono prove sufficienti per asserire che gli Athinganoi erano Rom, ma non ci sono neanche evidenze del contrario. L'unica ragione per cui si è rigettato a priori la possibilità che gli Athinganoi possano identificarsi con i Rom è che quelli sono nominati in documenti risalenti all'inizio del sesto secolo e.c., periodo in cui, secondo i sostenitori incalliti della teoria dell'origine indiana, i Rom non dovevano essere in Anatolia in quel periodo. Gli Athinganoi erano chiamati così a causa delle loro leggi di purezza rituale, per cui ritenevano impuro il contatto con altre persone, molto simili alle leggi Rom riguardanti i "gagè" (i non-Rom). Praticavano la magia, la divinazione, l'incantare serpenti, ecc. ed il loro credo era una specie di giudaismo "riformato" mescolato con cristianesimo (o con zoroastrismo?), perché osservavano lo Shabat ed altri precetti mosaici, credevano nell'Unità di Dio, ma non praticavano più la circoncisione e si battezzavano (che non è esclusivamente in rito cristiano ma anche molto comune fra gli adoratori del fuoco). In quanto agli Athinganoi, l'Enciclopedia Giudaica dice: "possono essere considerati Ebrei".
Altro fatto significativo è che i Rom attribuiscono il loro girovagare al Faraone, una particolarità esclusiva degli Ebrei. I documenti più antichi concernenti l'arrivo dei Rom in Europa riportano la loro dichiarazione d'essere stati schiavi del Faraone in Egitto; quindi ci sono due possibilità: o questo era parte della loro memoria storica oppure è qualcosa che si sono inventati per guadagnarsi il favore della gente - la seconda possibilità è piuttosto improbabile, visto che una tale dichiarazione poteva identificare loro soltanto con un popolo, precisamente quello più odiato in Europa e quindi non certamente l'identità più idonea da scegliere.

"Osservando i rimanenti d'una precedente migrazione egizia verso l'Asia Minore ed i Balkani, s'accorsero che sarebbe stato profittevole per loro dire d'essere cristiani d'Egitto perseguitati dai musulmani o condannati a girovagare in perpetuo per espiare la loro apostasia".

Questa fu una "correzione" che fecero dopo aver capito che la loro versione originale sul soggiorno in Egitto in servitù sotto il Faraone era controproducente perché in questo modo erano etichettati come Giudei. Questa seconda versione è quella che l'autore considera come "la più datata menzione di questa leggenda nel sedicesimo secolo e.c.", ma il racconto originale era molto più antico. I Rom non hanno mai detto di provenire dall'India fino a quando i gagè nel ventesimo secolo dissero loro d'aver studiato molto e che la "scienza" stabiliva che erano indiani!
La convinzione dell'autore che la patria originale dei Rom era la città di Kànnaugi si fonda su una semplice congettura, assemblando degli elementi dubbi che non provano nulla e che sono facilmente confutabili da altre evidenze che esporrò più avanti. Ora leggiamo la sua ipotesi:

"...un passo nel Kitab al-Yamini (libro dello Yamin) del cronista arabo Abu Nasr Al-'Utbi (961-1040), riporta l'attacco che il sultano Mahmud di Ghazni perpetrò sulla città imperiale di Kànnaugi, che si concluse con il saccheggio e la distruzione, e la deportazione dei suoi abitanti in Afghanistan in dicembre 1018... Tuttavia, in base a cronache incomplete che menzionano solo poche incursioni nel nordovest dell'India, non è stato possibile descrivere il meccanismo di quest'esodo... questo descrive una razzia perpetrata nell'inverno 1018-1019, che giunse molto più ad est, oltre Mathura, fino alla prestigiosa città medievale di Kànnaugi, 50 miglia a nordovest di Kanpur... Ad inizi dell'undicesimo secolo, Kànnaugi (la Kanakubja del Mahabharata e del Ramayana), s'estendeva su quattro miglia lungo le coste del Gange ed era ancora un importante centro culturale ed economico dell'India settentrionale. Non solo i più studiosi dei brahmini dell'India asseriscono di provenire da Kànnaugi (come lo fanno tuttóra), ma era anche una città che raggiunse un alto livello di civiltà nei termini che oggi definiremmo come democrazia, tolleranza, diritti umani, pacifismo ed anche ecumenismo. Tuttavia, nell'inverno 1018-1019, un esercito di predoni venne da Ghazni (Afghanistan) e catturò gli abitanti di Kànnaugi per venderli come schiavi. Questa non fu la prima razzia del sultano, ma quelle precedenti erano arrivate soltanto fino al Pundjab ed il Rajasthan. Questa volta si spinse fino a Kànnaugi, una grande città con più di 50 mila abitanti, e il 20 dicembre 1018 catturò l'intera popolazione, 'ricchi e poveri, chiari e scuri [...] la maggior parte di loro erano dei 'notabili, artisti ed artigiani' per venderli, 'intere famiglie', in Ghazni e Kabul (secondo il testo di Al-'Utbi). Dopo, secondo lo stesso testo, Khorassan ed Iraq erano 'pieni di questo popolo'.
Cosa ci porta a pensare che l'origine dei Rom ha a che fare con questa razzia
?"

Qui l'autore dimostra che egli non è affatto interessato negli aspetti culturali dei Rom, ma soltanto in trovare una loro possibile origine nell'India ed in nessun altro posto. Di conseguenza, molti particolari importanti sono stati trascurati. Per esempio:
ˇIn quell'epoca, nella città di Kànnaugi regnava la dinastia Pratihara, che non era indoariana ma bensì Gujjar, ovvero, Khazar. Secondo i parametri linguistici, i termini indoariani "Gujjar" e "Gujrati" sono derivati dal nome "Khazar" attraverso le regole di trasformazione fonetica: le lingue indoariane non avendo i fonemi "kh" e "z" li trascrivono rispettivamente "g" e "j". Di conseguenza, se i Rom erano gli abitanti di Kànnaugi, non erano indoariani ma strettamente imparentati con gli odierni Ungheresi, i Bulgari, una piccola parte dei Giudei Ashkenazim, i Bashkir, i Chuvash ed alcuni altri popoli del Caucaso e del bacino del Volga... La denominazione "ungheresi" con cui sono conosciuti in molti paesi occidentali non sarebbe quindi tanto imprecisa - più esatta di quella di "indiani", sicuramente.
ˇSe i Rom fossero stati sempre in India fino all'undicesimo secolo, come afferma l'autore, avrebbero certamente praticato la religione più diffusa in quell'area, o perlomeno sarebbero stati fortemente impregnati degli elementi culturali del brahmanesimo, soprattutto se l'essere un brahmino di Kànnaugi è una qualità così prestigiosa. Ciononostante, non esiste la più minima traccia di brahmanesimo nella spiritualità e nella cultura romanì; al contrario, non c'è alcuna cosa più lontana dal "Romaimòs" (l'essere Rom) che l'induismo, il giainismo, lo sikhismo e qualsiasi altro "-ismo" d'origine indiana.
ˇIl sultano di Ghazni era sicuramente un musulmano. La gente ch'egli deportò fu trasferita in Afghanistan, Khorassan ed altre regioni dell'Iran. Questo non avrebbe favorito l'adozione d'elementi culturali del mazdeismo (i quali sono molto evidenti nella cultura romanì), ma al contrario, avrebbe contribuito ad evitarli, perché gli adoratori del fuoco erano stati quasi annichiliti dai musulmani - certamente un popolo in esilio non avrebbe adottato una religione messa al bando per essere così sterminati definitivamente! Di conseguenza, i Rom sono stati in terre iraniche molto prima dell'avvento dell'islam, quando il culto del fuoco era la religione dominante. I Rom sono stati in Iran prima del loro arrivo in India, e la loro cultura era già ben definita quando giunsero là. Esiste un solo popolo che ha esattamente le stesse caratteristiche: gli Israeliti del Regno di Samaria esiliati in Media, che conservarono la loro eredità mosaica ma nello stesso tempo adottarono pratiche dei magi, e solo una cosa non conservarono: la loro lingua originale (come neanche i Giudei; l'ebraico non è stato più la loro lingua corrente fino a quando lo Stato di Israele fu ristabilito nel 1948 e.c.). I Giudei indiani parlano lingue indiane, tuttavia sono Ebrei, non indoeuropei.
Quindi, avendo brevemente stabilito quali sono i punti deboli sui quali si fonda la teoria dell'origine in Kànnaugi, è giusto considerare le ragioni presentate dall'autore:

"Soprattutto i seguenti punti:

ˇIl particolare 'chiari e scuri' spiegherebbe la diversità di carnagione che esiste tra i diversi gruppi Rom, se la popolazione originale era veramente mista. C'erano probabilmente molti Rajput in Kànnaugi. Questi non erano imparentati con la popolazione nativa, ma erano stati elevati alla dignità di kshatria per i loro meriti. Quindi, essi possono ritenersi come la parte 'scura' della popolazione."

Quest'è un'affermazione piuttosto ingenua per uno studioso. Č perfettamente stabilito il fatto che i Rom si sono mescolati con diversi popoli lungo il loro pellegrinaggio. Esattamente come i Giudei. Č sufficiente visitare Israele per notare che ci sono Ebrei scuri, Ebrei biondi, Ebrei alti, Ebrei bassi, Ebrei che sembrano indiani, cinesi, europei, ecc. Il racconto dell'autore dimostra che la popolazione di Kànnaugi non era omogenea, non appartenente ad una singola etnia! Infatti, c'erano molti Rajput, come anche Gujrati e molti altri, se la città era così cosmopolita come sembra. Questo non prova che i Rom siano la popolazione di Kànnaugi.

"ˇIl fatto che gli schiavi catturati appartenevano ad ogni tipo di categoria sociale, incluso individui d'alto lignaggio, spiegherebbe perché sono stati così facilmente inseriti tra persone importanti ed influenti quali re, imperatori e papi quando giunsero in Europa. Questo è dovuto al fatto che fra i Rom c'erano discendenti dei 'nobili' di Kànnaugi. L'indologo francese Louis Frédéric conferma che la popolazione di Kànnaugi consisteva soprattutto di 'nobili', artisti, artigiani e guerrieri ."

Quest'è pura speculazione. I Rom normalmente si attribuiscono titoli nobiliari o di prestigio per ottenere dei favori, lasciapassare, ecc. Era ancora praticato dai Rom al loro arrivo in Sudamerica soltanto un secolo fa, quando dicevano d'essere "prìncipi d'Egitto" o nobili di qualche altra parte. Le autorità iniziarono a sospettare dopo che tanti prìncipi arrivavano da paesi esotici. C'è un particolare importante che l'autore non ha preso in considerazione: egli ha asserito precedentemente che Kànnaugi era un importante centro brahmanico: com'è possibile che non esista una casta sacerdotale tra i Rom? cos'è successo con i presunti "brahmini Rom"? Tutti i popoli indoariani hanno una casta sacerdotale, e molti altri popoli, compressi i Medo-Persiani (i magi) ed anche i popoli semitici, eccetto uno: gli Israeliti del nord - dopo la loro separazione da Yehudah, persero la Tribù Levitica e di conseguenza, nessuna Tribù fu adibita al sacerdozio. C'erano notabili, artisti, artigiani, guerrieri ed ogni categoria sociale tra gli Israeliti, ma non sacerdoti. Ciò ch'è altrettanto interessante è il fatto che i notabili Israeliti erano molto apprezzati nelle corti dei re pagani, e siccome avevano un particolare dono profetico, molti Israeliti divennero dei magi in Persia, così come indovini ed incantatori. Da non dimenticare che la pratica più comune tra i Rom sono i tarot (tarocchi), un'invenzione ebraica.

"ˇQuesta diversità sociale della popolazione originale deportata si può considerare determinante per la sopravvivenza della lingua romanì, dopo circa un millennio dall'esodo. Come dimostra la sociolinguistica, quanto più alto è il grado di diversità sociale in una popolazione deportata, più fortemente e più a lungo persisteranno nel mantenere la loro lingua originale."

Quest'asserzione non prova nulla, ed è alquanto discutibile dal momento che ci sono molti esempi del contrario: la storia dimostra che gli Ebrei furono portati in esilio da ogni categoria sociale, e persero la loro lingua in un tempo relativamente breve - un fatto singolare è che conservarono le diverse lingue che adottarono in esilio invece della propria, ad esempio, i Giudei Mizrachim parlano tuttóra l'assiro-aramaico; i Giudei Sefarditi parlano il ladino, una forma medioevale dello spagnolo che conservano dopo sei secoli dalla loro espulsione dalla Spagna; i Giudei Ashkenazim parlano lo yiddisch, ed i Rom parlano il romanì, la lingua adottata in esilio.
Altri esempi di popoli da ogni categoria sociale deportati o emigrati in numero considerevole che hanno perso la loro lingua in breve tempo sono gli Africani dell'America, il Caribe ed il Brasile, la seconda e terza generazione d'Italiani in America, Argentina, Uruguay, Brasile, ecc., la seconda e terza generazione d'Arabi negli stessi Paesi, ecc. Altre comunità hanno un legame più stretto con le loro lingue, come gli Armeni, i Rom o i Giudei. non c'è un parametro universale come asserisce l'autore.

"ˇL'unità geografica del luogo dal quale gli antenati dei Rom sono partiti è importante anche per la sorprendente coerenza dell'elemento indiano nella lingua romanì, perché le differenze dialettali non si trovano nella componente ìndica della lingua ma nel vocabolario formato in suolo europeo."

Questo fattore non implica che la loro origine sia l'area indostanica. Č vero che la lingua romanì s'è formata inizialmente in un contesto indoeuropeo, ma le stesse parole "indiane" sono comuni ad altre lingue che esistevano fuori dal subcontinente, ovvero in Mesopotamia. Le lingue urritiche sono l'origine più verosimile delle lingue ìndiche (basta ricercare negli antichi testi Mitanni per riconoscere che il sànscrito nacque in quella regione). Lingue collegate al sànscrito si parlavano in una vasta area del Medio Oriente, compresso Canaan: i biblici Horei (Hurriti o Urriti) abitavano nel Neghev, i Gevusei e gli Hivvei, due tribù urrite, nell'area di Yehudah e Galilea. I Nord-Israeliti sono stati inizialmente trasferiti a "Hala, Havur, Gozàn e nelle città dei Medi" (2Re 17:6) - quella è precisamente la terra degli Urriti. Dopo la caduta di Ninive sotto Babilonia, la maggioranza degli Urriti e parte degli esuli Israeliti emigrarono verso est e fondarono Khwarezm, da dove si spinsero ulteriormente e colonizzarono la Valle dell'Indo e l'alta Valle del Gange. Č interessante notare che certe parole della lingua romanì sono antico ebraico o aramaico, parole che non potrebbero aver mai acquisito in un periodo successivo o nel loro passaggio attraverso il Medio Oriente verso l'Europa, ma solo in un'epoca remota della loro storia, prima del loro arrivo in India. Un termine molto importante eppure mai tenuto in considerazione dagli studiosi sostenitori della teoria dell'origine indiana è la propria denominazione etnica "Rom". Non esiste nessuna menzione in alcun documento sànscrito di nessun popolo Rom. Il significato del termine "rom" è "uomo", e c'è soltanto un'altra lingua in cui questa parola aveva lo stesso significato: l'antico egizio. Secondo la Bibbia, i Nord-Israeliti avevano delle differenze dialettali con i Giudei, ed erano più legati alla cultura egizia come anche all'ambiente cananeo. La religione d'Israele dopo la loro separazione da Yehudah richiamava quella egizia, l'adorazione del vitello. Quindi, non è improbabile che la parola egizia per definire l'uomo fosse ancora in uso nel Nord Israele, anche durante l'esilio in Hanigalbat e Arrapkha, e dopo.
Tuttavia, siccome l'origine non dev'essere cercata attraverso la lingua, non mi dilungherò oltre su questo soggetto.

"ˇQuesto argomento mina la teoria che i Rom derivano 'da una conglomerazione di tribù Dom' (o qualunque altro gruppo). Č doveroso menzionare che Sampson ha specificato che i Rom 'sono entrati in Persia come un unico gruppo, parlando la stessa lingua'."

Sono pienamente d'accordo con questo concetto, tuttavia è importante far notare che la "teoria Dom" è stata quella "ufficiale" fra gli studiosi fino a poco tempo fa, e cadde successivamente in discredito come qualunque teoria che, insistendo sull'origine indiana, si basa su parametri sbagliati che portano ad una ricerca interminabile e contraddittoria.

"ˇČ probabile che ci sia stato un numero considerevole d'artisti Dhomba in Kànnaugi, come in ogni città civilizzata di quei tempi. Come principale centro intellettuale e spirituale nell'India settentrionale, Kànnaugi senza dubbio attirava numerosi artisti, tra i quali c'erano molti Dhomba (forse, ma non definitivamente, gli antenati degli odierni Dhomb). Ora, quando la popolazione di Kannaugia fu dispersa nel Khorassan ed aree circostanti, gli artisti Dhomba probabilmente catturarono l'immaginazione della popolazione locale piuttosto che i nobili ed artigiani, e ciò spiegherebbe l'estensione del termine Dhomba in riferimento all'intero gruppo di esuli di Kànnaugi. Questi potrebbero in seguito aver preso questa denominazione in riferimento a sè stessi, come termine di autodefinizione (in opposizione alla più generalizzata denominazione Sind[h]~, persiano Hind~, greco ionico Indh~ significando 'indiani' - da dove provenne forse il nome 'Sinto', malgrado la paradossale evoluzione da ~nd~ a ~nt~, che si deve postulare in questo caso. Infatti, alcuni dialetti romanì individuali, soprattutto in Ungheria, Austria e Slovenia, sembrano presentare quest'evoluzione da ~nd~ a ~nt~ )."

Siccome l'autore non trova una spiegazione fattibile per il termine "Rom", ricorre a sotterfugi speculativi assolutamente improbabili. Ciò si manifesta nelle sue espressioni "è probabile", "forse", "spiegherebbe", "sembra"... Tutta la struttura su cui si fonda questa teoria cade per l'impossibilità di spiegare i fattori culturali e spirituali dei popoli Rom e Sinti, e sostanzialmente l'asserzione che "questi potrebbero in seguito aver preso la denominazione Dhom in riferimento a sè stessi, come termine di autodefinizione" si rivela totalmente fallace. L'autore si contraddice, perché prima aveva asserito che "molti degli esuli di Kànnaugi erano dei nobili", ora egli suppone che questi stessi "nobili" adottarono per sé stessi la denominazione appartenente ad una "casta inferiore" come lo erano gli artisti Dhomba.

"ˇIl fatto che la popolazione proto-romanì provenne da un'area urbana e ch'erano principalmente dei notabili, artisti ed artigiani, potrebbe essere il motivo per cui un così basso numero di Rom lavorano nell'agricoltura fino ad oggi. Anche se 'il suolo della regione era ricco e fertile, i raccolti abbondanti ed il clima caldo', il pellegrino cinese Xuán Zŕng (latinizzato Hsüan Tsang), nota che 'pochi degli abitanti della regione si dedicavano all'agricoltura'. In realtà, la terra era coltivata soprattutto per la produzione di fiori da profumo sin dall'antichità (principalmente a scopi religiosi."

Anche quest'affermazione non prova nulla, ma rafforza l'ipotesi che i Rom non erano infatti indiani: un confronto accurato con il popolo Giudeo porta alle stesse conclusioni, perché i giudei furono portati via dalla loro terra da ogni strato sociale, tuttavia, i Giudei non si sono mai dedicati all'agricoltura e sono sempre vissuti in città dovunque fossero nella Diaspora. I Giudei divennero agricoltori soltanto recentemente, nello Stato di Israele, perché era necessario per lo sviluppo della Nazione. Ci sono evidenze in supporto del fatto che quando i Rom sono arrivati in India, erano già un popolo con queste caratteristiche; perché sia i Nord-Assiri che gli Assiri Babilonesi praticarono la deportazione selettiva d'entrambi Regni di Israele e Yehudah, come leggiamo: "E (il re di Babilonia) menò in cattività tutta Yerushalaym, tutti i capi, tutti gli uomini valorosi, in numero di diecimila, e tutti i falegnami e i fabbri, non vi rimase che la parte più povera della popolazione del paese, e deportò Yehoyakin a Babilonia, e la madre del re, le mogli del re, i suoi servi, i magnati del paese, tutti i guerrieri, falegnami e i fabbri..." (2Re 24:14-16); "Il capo dell'esercito (di Babilonia) non lasciò che alcuni dei più poveri del paese a coltivare le vigne e i campi" (2Re 25:12). La stessa cosa avevano fatto i re d'Assiria 120 anni prima con il Regno di Samaria, ed i coltivatori ch'essi lasciarono sono gli odierni Samaritani, mentre la maggior parte degli Israeliti ancora risultano "tribù perdute", ed esiste evidenza certa che la maggioranza di loro emigrò in India.

"ˇSembra che un piccolo gruppo fuggì dalla razzia sulle acque del Gange e giunsero a Benares, da dove, a causa dell'ostilità della popolazione indigena se ne andarono e si stabilirono nell'area di Ranchee. Questa gente parla il sadri, una lingua indiana specificamente usata per la comunicazione intertribale. Č degno menzionare che il sadri sembra essere la lingua indiana che permette una migliore comunicazione fra i loro parlanti e quelli che parlano il romanès."

Ancora una volta, l'autore si fida delle teorie speculative che collegano una tribù indiana con i Rom soltanto attraverso alcuni fattori linguistici, ma niente che abbia a che fare con la cultura e spiritualità Rom, né con le leggi e tradizioni, e nessuna prova storica. Le lingue sono un punto di riferimento molto relativo e spesso fuorviante, perché possono essere adottate da popoli completamente diversi. Forse l'autore non conosce alcuni casi enigmatici come il seguente: c'è una provincia in Argentina, Santiago del Estero, dove una lingua indigena pre-coloniale si parla ancora: il kéciua, un dialetto della lingua degli Inca. Il fatto curioso è che quasi tutti gli individui che la parlano non sono indigeni ma Arabi siriano-libanesi stabiliti in quella provincia da circa un secolo. In un ipotetico evento catastrofico nel futuro da cui non sopravvivesse alcun attestato dell'immigrazione araba, gli studiosi del 25mo secolo sicuramente speculeranno affermando che quelli Arabi sono gli ultimi autentici discendenti dell'antica civiltà Incaica... Ciò che magari non riusciranno a spiegare è perché quelli "Inca" hanno tradizioni cristiano-ortodosse in un paese cattolico-romano, anche se queste due tradizioni sono molto più vicine che quella dei Rom nei confronti di quelle indiane.
Un altro esempio di questo tipo ci è dato dagli stessi Sinti: in Piemonte, il dialetto locale è sempre meno parlato dai 'gagè', ancora usato da persone adulte ma non è più la prima lingua dei bambini piemontesi, che parlano l'italiano. La conservazione del dialetto dipende quasi esclusivamente dai Sinti Piemontesi, che l'hanno adottato come la propria lingua "romanì" e saranno probabilmente gli unici che parleranno questo dialetto verso la fine del presente secolo. In un evento immaginario come quello descritto sopra, gli studiosi del futuro giungeranno alla conclusione che gli autentici Piemontesi sono i Sinti di quella regione...

"ˇInoltre, i parlanti di sadri hanno l'abitudine, durante cerimonie speciali, di versare un poco di bevanda sul suolo prima di bere, dicendo: 'per i nostri fratelli portati via dal vento freddo aldilà delle montagne' (comunicazione personale da Rèzmuves Melinda). Questi 'fratelli' potrebbero essere i prigionieri di Mahmud. Tuttavia, è necessario uno studio più estensivo sul gruppo che parla sadri."

Un'altra congettura speculativa basata su fatti non concreti. Le deportazioni erano frequenti in quei tempi, ed asserire che si possano riferire ai Rom è più che azzardato. Č significativo che questa tradizione sadri si riferisce al "vento freddo aldilà delle montagne", una frase difficilmente applicabile ad una deportazione verso ovest aldilà dei fiumi, logicamente da un vento caldo, ed è piuttosto coerente con una deportazione verso nord, oltre l'Himalaya, dove soffia il vento freddo.

"ˇLa dea protettrice di Kànnaugi era Kali, una divinità ch'è ancora molto popolare fra i Rom."

Questa è un'affermazione molto strana per uno studioso della cultura romanì, perché di fatto, i Rom non hanno la minima idea dell'esistenza della dea indiana Kali, che non ha questa presunta "popolarità". Non sò se l'autore ha inserito questa falsa asserzione con l'unico scopo di rafforzare la sua teoria, ma preferisco pensare che sia in buona fede. Non esiste alcun elemento nella mia famiglia che possa indicare l'esistenza di una tale tradizione nel passato, e non esiste in nessuna della numerose famiglie Rom e Sinti che ho incontrato in tutto il mondo, dalla Russia alla Spagna, dalla Svezia all'Italia, dagli Stati Uniti alla Terra del Fuoco (l'estremità più a sud nel mondo abitato), da ogni tribù Rom, dai Kalderash/Lovarya/Churarya ai Kalé spagnoli, dai Sinti Estraxharya/Eftavagarya ai Kale finlandesi, dai Machwaya ai Khoraxhané sudamericani. Invito a chiunque a chiedere ai Rom chi pensano loro che sia Kali - la loro risposta sarà: "una donna nera", perché "kali" è il femminile di "kalò", che significa nero (non perché sappiano che pure l'idolo indiano è nero). Conosco la maggioranza delle famiglie Rom importanti di tutto il mondo, e consiglio all'autore di fare una visita ai Rom in Argentina, dove per qualche ragione, la tradizione culturale Kalderash si mantiene più genuina che altrove.
La devozione di alcuni gruppi verso "Sara kali" in Camargue ha a che fare con la tradizione cattolico-romana, non con quella induista. Infatti, ci sono "madonne nere" in quasi tutti i paesi cattolico-romani (compresa la Polonia!). Sara "kali" si chiama così perché è nera e, per puro caso o no, ha lo stesso nome della madre del popolo Ebreo, il che può essere il motivo per cui i Rom cattolici l'abbiano scelta come la propria santa.

"ˇInoltre, l'antico nome della città era Kanakubja (o Kanogyza nei documenti greci), che significava 'vergine gobba, storpia'. L'origine di questo nome sorprendente si trova in un passo del Ramagian di Valmiki: Kusmabha fondò una città chiamata Mahodaja (Grande Prosperità); egli aveva cento belle figlie di cui un giorno, quando giocavano nel giardino reale, Vàju, dio del vento, s'innamorò e volle sposarle. Sfortunatamente, fu rifiutato e nella sua ira le fece diventare gobbe, e quindi la città acquisì questo nome. In un'altra versione, Kana Kubja era il nomignolo d'una devota storpia di Krishna, a chi il dio donò un corpo bello e forte per la sua fervente unzione dei suoi piedi. Infatti, 'vergine gobba' era uno dei titoli dati a Dorga, la dea guerriera, un'altra forma di Kali. In altre parole, possiamo fare un parallelismo: kana kubja ('vergine gobba') = Durga = Kali. Rajko Djuric ha segnalato alcune similarità con il culto Rom di Bibia o Kali Bibi ed il mito indiano di Kali."

Ancora un'argomentazione puramente speculativa senza alcun sostegno reale. Storie simili sono molto comuni nel Medio Oriente (raccomando all'autore di leggere le "1001 Notte" per una migliore documentazione). Č ben risaputo che i Rom adottano favole dai paesi dove sono vissuti, e le adattano alla propria fantasia. Č anche un dato di fatto che la maggioranza delle leggende "romanì" sono altrettanto etichettate come "ebraiche", ed entrambe riconosciute come originali. Ci sono anche racconti armeni, persiani ed arabi nella letteratura orale romanì.
Mi domando perché l'autore non menziona la popolarità che ha il Profeta Eliyah fra molti gruppi Rom... forse perché non può spiegare l'origine "indiana" di tale tradizione. Eliyah era un Profeta del Regno di Samaria.

"ˇIl tempo che i Rom hanno soggiornato nel Khorassan (uno o più secoli) spiegherebbe anche le numerose etimologie persiane integrate nella lingua romanì (circa 70 - inoltre a 900 indiane e 220 greche), perché il Khorassan era una regione di lingua persiana."

Lo stesso criterio è valido per il soggiorno indiano. Così come queste etimologie non provano un'origine persiana, nemmeno quelle indiane provano un'origine indiana, ma solo un lungo soggiorno. L'esposizione seguente dell'autore è orientata esclusivamente sulla traccia linguistica, e anche se è un ragionamento valido, non riesce a provare l'origine Kànnaugi, come vedremo:

"Un altro elemento sorprendente è la coincidenza di tre caratteri linguistici che collegano il romanès con le lingue dell'area di Kànnaugi, e solo o principalmente con queste, ossia:

- fra tutte le lingue indoariane moderne, solo il braj (chiamato anche braj bhaka, una lingua parlata da circa 15 milioni nell'area immediatamente ad ovest di Kànnaugi) ed il romanès distinguono due generi nella terza persona singolare del pronome personale: jo o vo in braj (probabilmente o in braj antico) e ov, vov o jov 'egli' in romanì per il maschile e ja o va in braj e oj, voj or joj 'ella' per il femminile, mentre le altre lingue indoariane hanno una forma unica, usualmente yé, vé 'egli, ella' per entrambi i sessi. Questi pronomi specifici possono essere uditi ogni giorno sulle strade di Kànnaugi.

ˇ fra tutte le lingue indoariane moderne, solo i dialetti dell'area di Kànnaugi, alcuni dei braj e nepalese (il Nepal dista solo 60 miglia da Kànnaugi) hanno una terminazione dei nomi ed aggettivi maschili in ~o (o ~au = ~o) identica alla controparte romanì, che è anche ~o: purano 'antico, vecchio' (in altre lingue indoariane purana, romanès purano), taruno 'giovane [lit. in hindi]' (altre lingue taruna, sinto tarno, romanès terno). Infatti, l'evoluzione dialettale da ~a a ~o è sottoposta a regole piuttosto complicate che devono ancora essere dilucidate.

- ed infine, ma non meno importante, fra tutte le lingue indoariane moderne, solo l'awadhi (una lingua parlata da circa 20 milioni in una vasta area ad est di Kànnaugi) presenta, come il romanès, una forma lunga alternativa della posposizione genitiva. Non c'è solo uno stretto parallelo nel fenomeno in sè stesso ma anche le posposizioni sono identiche nella forma: in addizione alla forma corta (~ka, ~ki ~ke) che è comune a tutte le lingue indoariane, l'awadhi ha una variante lunga ~kar(a), ~keri, ~kere, esattamente come la maggioranza dei dialetti romanì arcaici, come quelli della Macedonia, Bulgaria (~qoro, ~qiri and ~qere), Slovacchia e Russia (~qero, ~qeri, ~qere); forma che è stata ridotta nei dialetti sinti (~qro, ~qri, ~qre). In più, una recente missione svolta in certi villaggi dell'area di Kànnaugi ha rivelato tracce d'un vocabolario inesplorato molto simile al romanì (tikni 'piccolo', daj 'madre' [hindi 'donna'], ghoro 'brocca', larika 'giovane' [hindi larhka] ecc...). Tutto ciò giustifica l'asserzione del professore Ian Hancock che dice che 'le lingue più vicine al romanès sono quelle indiane occidentali', più comunemente conosciute come braj e che condividono molte caratteristiche con il kànnaugi moderno ."

Come ho detto prima, il ragionamento è interessante; tuttavia non prova niente, per i seguenti motivi:
ˇTutte le osservazioni che l'autore ha elencato dimostrano che il romanès è grammaticalmente più complesso della maggioranza delle lingue parlate oggi in India, ciò significa che quando i Rom erano esuli in India, molto probabilmente c'era una lingua più omogenea ancora non evoluta verso le varie lingue che per logica linguistica devono essere più semplici dal punto di vista grammaticale. Ciò è successo, ad esempio, con il latino, che una volta era parlato in una vasta area dell'Europa occidentale e che si è trasformato in italiano, spagnolo, portoghese, catalano, occitano, romeno, ecc., tutti quanti avendo una grammatica molto più semplice.
ˇDi conseguenza, com'è anche reso noto, tutte le lingue indiane occidentali erano una volta una sola, da cui il romanès si separò in un periodo di formazione iniziale. Un tale stadio primitivo della lingua può perfettamente implicare che si trattasse del periodo urritico, ancora prima del soggiorno in India, ma questo è solo un suggerimento. Ciò che emerge in ogni caso è che tutta la famiglia ìndica occidentale, ovvero le lingue della Valle dell'Indo e del Rajasthan, sono diretti discendenti della cosiddetta lingua "Kànnaugi", e ciò implica che il romanès non deve necessariamente essere collegato all'area di Kànnaugi, ma può benissimo esserlo con l'intera regione dal Kashmir al Gujarat e dal Sindh all'Uttar Pradesh.
ˇČ anche certo che la regione menzionata sopra, da dove la lingua romanì si presume sia originaria, non era allora popolata da indoariani ma bensì da popoli scito-sarmatici stabilitisi nella Valle dell'Indo e nel Sakastan, compreso il territorio di Kànnaugi (che era governato da una dinastia Gujrati) e che avevano una cosa in comune: tutti provenivano dall'occidente! Ci sono evidenze inconfutabili che confermano che i popoli della Valle dell'Indo erano Saka e non Ariani, ma questo non è l'argomento del presente studio.
ˇIl fatto che tracce dell'antica lingua esistano tuttóra nell'area di Kànnaugi non implica assolutamente che essa sia la terra d'origine; la storia linguistica ci provvede diversi esempi:
- una volta le lingue celtiche erano diffuse su quasi tutta l'Europa; oggi sopravvivono in alcune regioni delle Isole Britanniche ed in Bretagna, che non sono la terra d'origine dei Celti.
- prendendo di nuovo il latino come esempio, la lingua più vicina parlata oggi non è l'italiano ma il romeno, molto lontano dalla terra dove il latino nacque
.
- durante un periodo di quasi quattro secoli in tutta l'Ukraina si parlava l'ungherese e lingue dello stesso ceppo (fra l'epoca d'Attila e d'Árpád), mentre che oggi non ci sono tracce dell'ungherese in Ukraina e si parla in Ungheria, Transilvania e zone circonvicine.
- nello stesso modo, il turco non s'è parlato nell'Asia Minore fino alla fine del Medioevo, e non esiste più nella sua terra d'origine.
- è provato che il basco (euskara) proviene dal Caucaso, l'estremo opposto d'Europa con rispetto a dove si parla oggi il basco, non esistono tracce intermedie che possano testimoniare il lungo viaggio effettuato dagli antichi Baschi, e nessuna regione del Caucaso dove si parli, ma soltanto delle lingue imparentate.
- l'unica gente ch'è ancora in grado di leggere le Saga Vikinghe nella lingua che furono scritte sono gl'Islandesi e Feroesi, mentre che gli Svedesi, Norvegesi e Danesi, dove le Saga sono state scritte, possono difficilmente leggerle.
- è stato possibile decifrare l'antica lingua sumeria soltanto con l'aiuto dell'ungherese moderno; ciò dimostra quanto sia impreciso collegare una lingua all'area dove essa è parlata nel presente.
Ci sono molti altri esempi come questi, ma essi sono sufficienti. Ancora c'è un'altro quesito proposto dall'autore:

"In quanto concerne alla cronologia dell'esodo, essa coincide con l'epoca di Mahmud perché è chiaro che non potrebbe essere successo prima del 10° secolo e.c., visto che il romanès presenta due caratteristiche grammaticali che si sono formate verso la fine del primo millennio, ossia:
a) la formazione del sistema posposizionale invece delle flessioni ìndiche antica e media;
b) la perdita del neutro con passaggio al genere maschile o al femminile dei nomi già neutri. Visto che quasi tutti questi nomi sono stati ascritti in romanès agli stessi generi che in hindi (Hancock, 2001:10), ci si può concludere che tale fenomeno si verificò quando il romanès era ancora parlato sul suolo indiano. In base a questo, il romanès si separò dalle lingue ìndiche solo dopo queste evoluzioni
."

Ciò che l'autore non considera è quanto segue: non esisteva una lingua indiana unificata, ma un fattore distintivo fra l'area scito-sarmatica e quella ariana, e che:
a) la posposizione è una caratteristica molto comune nelle lingue parlate dai popoli scito-sàrmati;
b) solo i generi maschile e femminile esistevano nella variante dell'"ìndico antico" parlata nella Valle dell'Indo, prima che i brahmini riuscissero ad unificare tutta l'India o la maggior parte d'essa e di conseguenza, anche la lingua fu unificata in qualche modo - essendo logico che entrambi i rami abbiano contribuito, tuttavia la forma più semplice prevalse ed il genere neutro scomparve dalla variante ariana. Non era necessario che i Rom fossero ancora in India quando la lingua fu unificata.

Il resto dello studio dell'autore della "teoria Kànnaugi" non tratta sulla presunta origine dei Rom ma d'aspetti storici di Kànnaugi che non sono rilevanti per la nostra ricerca, quindi concludo qui con i commenti sulla sua ipotesi ed inizio con l'esposizione d'altri aspetti della cultura romanì che sono certamente più importanti della lingua e che dimostrano che i Rom non hanno niente in comune con alcun popolo dell'India, né al presente né nel passato. Gli aspetti che presenterò qui non possono essere spiegati dai sostenitori della teoria dell'origine indiana.

Gli aspetti culturali e spirituali dei Rom possono classificarsi in due categorie principali:
1) credenze, leggi, regole e pratiche d'origine ebraica; molto importanti all'interno della vita comunitaria romanì;
2) pratiche ed alcuni elementi di tipo superstizioso collegati al culto del fuoco; che soprattutto regolano i loro rapporti con l'ambiente non-romanì.

Prima d'esporre questi aspetti, è conveniente presentare un breve riassunto storico in modo tale d'agevolare il lettore a capire come e perché i Rom erano in India in un determinato momento e perché non possono essere originari di quella terra. La "preistoria" dei Rom iniziò in Mesopotamia, nella bassa Valle dell'Eufrate, la loro "protoistoria", nella bassa Valle del Nilo e Canaan...

Durante l'espansione semitica nel Medio Oriente, una famiglia Accadia emigrò da Sumer a Canaan e poi a Egitto, dove si moltiplicò e divenne importante nella società Egizia, tanto da essere odiati e sottomessi a servitù, fino a quando si ripresero la libertà e si stabilirono in Canaan. In quell'epoca erano costituiti da tredici Tribù, di cui una adibita al sacerdozio, e le altre dodici erano il "popolo", chiamato Israele. Quella nazione aveva una particolarità che la distingueva da tutte le altre nazioni in quei tempi: credevano in un Dio Unico. Ricevettero uno statuto costituito da leggi, precetti ed articoli di fede da essere osservati, riguardanti ogni aspetto sociale e la loro netta separazione da ogni altro popolo, leggi concernenti la purezza ed impurità rituale, ed altre caratteristiche che facevano di loro un popolo particolare, differente da ogni altro sulla terra. Avevano una memoria comune, l'essere stati in esilio in Egitto, ed un'eredità comune, quello statuto di precetti che prevedeva che se non li avessero osservati, sarebbero mandati in esilio nuovamente, non più in Egitto, ma in ogni Paese.
Ciononostante, dopo aver conquistato la loro terra, le divergenze fra la Tribù preminente e le altre incominciarono ad essere più evidenti, fino a quando il Regno si divise in due: le Tribù del nord erano più legate al loro passato egizio e come segno di separazione, scelsero l'idolo egiziano modellato a forma di vitello per rappresentare il Dio Unico (eventualmente adorarono anche divinità inferiori) e rifiutarono la tribù sacerdotale, che si riunì al Regno meridionale di Yehudah. Quel Regno settentrionale permise alcune pratiche proibite come magia, divinazione e sortilegi. Nell'anno 722 a.e.c., gli Assiri invasero il loro territorio e mandarono in esilio quasi la totalità della popolazione, lasciando solo i contadini, e li trasferirono in un altro Paese che gli Assiri avevano conquistato: l'antico regno di Hanigalbat-Mitanni, una terra dove si parlava una lingua molto vicina al romanès e le cui divinità principali erano Indra e Varuna. Quel Paese non era nell'India, ma nell'alta Mesopotamia. La gente di quella terra è conosciuta nella storia come Urriti. Ora faccio una parentesi per fare una breve descrizione di quella nazione, prima di continuare con la storia del nostro popolo:

Gli Urriti, origine dei popoli dell'India

La più antica evidenza riguardante lingue ìndiche non si trova in India ma nel bacino dell'Eufrate-Tigri, circa il 1600 a.e.c. Là c'era l'impero di Mitanni, che s'estendeva dalle coste del Mediterraneo fino ai monti Zagros, in conflitto con gl'Ittiti ad ovest e con gli Egizi a sudovest per il controllo del fiume Eufrate. La lingua di Mitanni era l'urrita; ecco una chiara evidenza del vocabolario ìndico nei documenti Mitanni:

ila-ni mi-it-ra as'-s'i-il ila-ni u-ru wa.na-as's'i-el (in altro testo a.ru-na-as'.s'i-il) in.dar (altro testo: in-da.ra) ila-ni na-s'a-at-ti-ya-an-na (cf. Winckler, Mitteilungen der Deutschen Orient-Gesellschaft No. 35, 1907, p. 51, s. Boghazkoi-Studien VIII, Leipzig 1923, pp. 32 f., 54 f.)

Tutt'e quattro dèi menzionati nel trattato sono quelli che troviamo anche in un inno del Rigveda (RV. 10.125.1). P. Thieme ha dimostrato che gli dèi dei trattati Mitanni erano specificamente dèi vèdici, Varun.a e Mitra, Indra e N-satyau, con queste forme nominali possono essere ritrovati soltanto nei veda. Tuttavia, compaiono nei documenti urriti!
Nel trattato fra gl'Ittiti e Mitanni, i re Mitanni giuravano per: Mi-it-ra (ìndico Mitra), Aru-na (Varun.a), In-da-ra (Indra) e Na-sa-at-tiya (Nasatya o As'wins). In un testo ittita sull'arte dell'equitazione e dei carri scritto da Kikkuli (un Mitanni), si usano numeri ìndici per indicare i tornanti fatti da un carro in un tratto: aika (ìndico eka 'uno'), tera (tri 'tre'), panza (panca 'cinque'), satta (sapta 'sette') e na (nava 'nove').
Altro testo urrita di Nuzi usa parole ìndiche per descrivere i colori dei cavalli, ad esempio babru (ìndico babhru 'marrone'), parita (palita 'grigio') e pinkara (pingala 'rossiccio'). L'auriga Mitanni è chiamato "marya" (ìndico-vèdico marya 'giovane guerriero'). Inoltre, ci sono serie di nomi dei nobili ed aristocratici Mitanni i quali sono chiaramente ìndici.
Č generalmente accettato dalla maggioranza delle autorità in materia che le vestigia linguistiche ariane nel Medio Oriente sono specificamente indoariane e non iràniche, e che non rappresentano un terzo gruppo ariano indipendente, né possono ascriversi ad un ipotetico proto-ariano ricostruito. Tale conclusione è incorporata nell'opera bibliografica di M. Mayrhofer sull'argomento,
Die Indo-Arier im alten Vorderasien (Wiesbaden, 1966), e può ora essere presa come l'interpretazione ufficialmente accettata. Essa si fonda sul fatto che dove c'è divergenza fra l'irànico e l'indoariano, quando tali elementi compaiono in documenti del Medio Oriente, essi sempre concordano con l'indoariano.
La divisione del proto-ariano in due rami, l'indoariano e l'irànico, deve aver avuto luogo prima che queste lingue fossero stabilite nei loro rispettivi territori e non si deve semplicemente ad evoluzioni che si verificarono all'interno d'entrambi gruppi dopo che gl'Indoariani si stabilirono in India e gl'Irànici in Iran. Quest'ultima conclusione si verificherebbe se si potesse dimostrare che gl'Indiani vèdici, una volta raggiunto il Pundjab dalla loro patria originale, avessero ritratto ed intrapreso una migrazione di ritorno in direzione del Medio Oriente. Non esiste alcuna prova di un simile evento, e risulta che una teoria che implichi una tale complicazione può tranquillamente essere ignorata... Una conseguenza ulteriore di quest'inverosimile ipotesi sarebbe la datazione del periodo proto-ariano molto più indietro nel tempo di quanto è accertato, probabilmente oltre il 2000 a.e.c.
Sarasvati è in primo luogo il nome proto-ariano d'un fiume in Iran, che dopo la migrazione fu trasferito al fiume indiano. Il nome irànico, Haraxvaiti, è una parola presa in prestito dal proto-indoariano, con la sostituzione di h- con s-, che si verifica anche in Hind/Sindhu. Un altro caso riguarda il nome del fiume Sarayu, che fu trasferito dall'Iran (Haraiva-/Haro-yu) ad un fiume dell'India nordoccidentale, e poi da lì ad un affluente del Gange nell'India orientale.
Gli Urriti sono stati presenti nel Medio Oriente presumibilmente dai tempi più remoti, sulla base di termini in antico sumerio come ta/ibira, 'ramaio', il quale ha evidentemente un'origine urritica (Otten 1984, Wilhelm 1988). Atal-s'en descrive sé stesso come il figlio di un certo S'atar-mat, altrimenti sconosciuto, il cui nome è anche urritico. La regola di Atal-s'en non può essere datata con certezza, ma probabilmente appartiene alla fine del periodo Guteo (ca. 2090-2048 a.e.c.) o ai primi decenni del periodo Ur III (2047-1940 a.e.c.). Documenti del periodo Ur III rivelano che le aree montuose ad est e a nord della Valle del Tigri e dell'Eufrate erano allora occupate da popoli di lingua urrita, che s'erano nel frattempo introdotte nella regione orientale del Tigri a nord del Diyala. Come risultato delle guerre di S'ulg'i (2029-1982 a.e.c.), un numero considerevole di prigionieri Urriti sono stati trasferiti in Sumer, dove erano impiegati nei lavori forzati. Questo è il motivo per cui molti nomi urriti si trovano nella Mesopotamia meridionale nel periodo Ur III. L'etimologia d'alcuni nomi è certamente o molto probabilmente indoariana, ad esempio Artatama = vèdico r.ta-dha-man, 'la cui dimora è r.ta', Tus'ratta (Tuis'eratta) = vèdico tves.a-ratha, 'il cui carro marcia violentemente', Sattiwaza = antico indoariano sa_ti-va_ja 'prendendo bottino', vèdico va-ja-sa-ti 'presa del bottino' (Mayrhofer 1974: 23-25). La lingua urrita era in uso nel 14mo secolo a.e.c. in un'area che s'estendeva fino alla Siria centrale (Qatna, e probabilmente fino a Qadesh), e quest'espansione probabilmente risultò dagli spostamenti demografici durante l'ascesa di Mitanni. Fra gli dèi che erano ancora adorati a fini del 14mo secolo a.e.c. dai re Mitanni troviamo Mitra, Varun.a, Indra, ed i gemelli Na-satya, che conosciamo attraverso i veda, i più antichi poemi indiani.

Il lungo viaggio verso l'India

In quanto alla storia del nostro popolo, il Paese appena descritto è la terra dove lo troviamo nel 722 a.e.c. Questo fu l'inizio dell'evoluzione della loro nuova lingua acquisita, ed anche l'inizio del loro oblìo del popolo che sono stati prima, eccetto per la loro consapevolezza d'essere differenti, un popolo particolare che non può mischiarsi con in "goyim" (dopo "gagè"). Essi hanno certe regole alle quali non rinunciano, le leggi sulla purezza rituale e la fede in un Dio Unico, Colui che ha promesso ed ha compiuto: saranno di nuovo in esilio, forse per sempre... Non saranno più chiamati "Israel", ora sono solo "uomini", come i loro progenitori in Egitto dicevano, "rom".

Dopo la dominazione assira, i Babilonesi deportarono anche i loro fratelli del Sud, ma essi conservarono la loro identità, struttura sociale e la Tribù sacerdotale, e 70 anni dopo ritornarono a Canaan, allora conosciuti come "Giudei". Nel loro relativamente corto esilio, riuscirono a riportare con loro alcuni dei fratelli del Nord, ma la maggioranza rimase in esilio.
Babilonia cadde sotto un nuovo potere in ascesa, Media e Persia, popoli non semitici ma piuttosto collegati etnicamente con gli Urriti/Mitanni. Essi avevano una religione particolare che includeva l'adorazione del fuoco e la magia, infatti, la loro casta sacerdotale erano i "magi". Il popolo in esilio, già Israeliti ed ora semplicemente "uomini", Rom, erano molto abili nell'esercizio di queste arti e capirono che praticarle era profittevole e di conseguenza, questi elementi furono adottati nella propria cultura, ma principalmente per il loro rapporto con gli altri, i gagè. L'Impero Persiano era vastissimo, e s'estendeva fino al Sakastan, oltre il Sindh. Quella terra, la Valle dell'Indo, era una terra molto desiderabile, ed avrebbe anche contribuito a dimenticare l'esilio in Assiria, il Paese ideale per iniziare una nuova vita...

In questi ultimi anni, un'Organizzazione ebraica internazionale chiamata "Kulanu" ("Tutti noi"), che ha come scopo primario trovare le Tribù perdute dell'antico Israele e sta avendo successo in questo proposito, ha individuato molti gruppi in un'area particolare del mondo: l'India. Ci sono discendenti degl'Israeliti esiliati dagli Assiri in ogni regione dell'India, dal Kashmir a Kerala, dall'Assam all'Afghanistan. Essi vengono identificati non tramite la loro lingua, che è indiana, ma attraverso caratteristiche culturali - tuttavia, nessuno d'essi riunisce tanti elementi ebraici quanto i Rom!
Č un dato di fatto che in quanto concerne l'area dove le comunemente conosciute come Tribù perdute d'Israele migrarono, evidenze inconfutabili mostrano che il maggior numero si stabilì in India durante il periodo di dominio persiano e macedonio, e la maggioranza scelse l'area scito-sarmàtica, ovvero la Valle dell'Indo, Kashmir, Rajasthan e l'alta Valle del Gange. Certamente non erano più una massa omogenea, perché migrarono in gruppi separati verso terre diverse e generarono nuove entità etniche, ciò significa che i Rom sono soltanto uno di tanti gruppi Israeliti che non conoscono più le loro origini - la differenza risiede nel fatto che i Rom sono ritornati in occidente e colsero l'attenzione degli europei, mentre gli altri rimasero in oriente e sono tuttóra ignorati, e forse hanno anche perso la maggior parte dei caratteri che permetterebbero d'identificarli, caratteri che i Rom hanno conservato in modo accettabile.
Ciò che gli studiosi non prendono in considerazione quando studiano l'argomento dell'origine dei Rom è la complessità etnica dell'India in quel periodo ed assumono che fosse una nazione praticamente monoetnica, monoliticamente ariana, assunzione che è fallace e fuorviante per la loro ricerca. Infatti, la regione strettamente ariana si trovava a sudest dell'Uttar Pradesh e ad est del Rajasthan-Gujarat, mentre che queste regioni e le terre ad ovest d'esse erano popolate da popoli scito-sarmàtici, irànici e persino ellènici, più gli esuli Israeliti. Una ricerca generale sui popoli e tribù che abitano dal nordovest del subcontinente indiano fino alla regione irànica dimostra che quasi tutti, se non tutti, conservano nelle loro tradizioni la credenza d'essere venuti dall'occidente, usualmente collegando la loro migrazione con gli esuli Israeliti o con i contingenti d'Alessandro il Grande. Alcuni clan Pashtun e la maggioranza delle tribù del Kashmir rivendicano ascendenze israelite ed incluso tracciano le loro origini al Re Shaul; una tradizione similare esiste tra i Kalash del Nuristan, i quali in molti aspetti somigliano ai Rom. Gli esuli Ebrei trovarono una maggior tolleranza nell'ambiente scito-sarmàtico che fra gli altri popoli, ed i loro territori erano preferiti a quelli dei molto più intolleranti Ariani. Lo stesso è successo con i loro fratelli Giudei. Č significativo il fatto che la grande maggioranza d'entrambi, Giudei e Rom, trovarono un porto sicuro nell'Europa scito-sarmàtica per molti secoli: infatti, il centro d'entrambe culture è stato l'Europa dell'Est, particolarmente Ungheria e Russia. La lingua romanì sarebbe virtualmente scomparsa se i Rom non avessero vissuto in quei Paesi, com'è un fatto certo, la grammatica romanì e gran parte del vocabolario si sono perduti nell'Europa centrale ed occidentale, dovuto a persecuzioni e proibizioni di manifestare apertamente la cultura romanì, nello stesso modo che ai Giudei fu vietato manifestare la propria ebraicità - senza dimenticare ciò che implicherebbe per i Rom essere etichettati come "ariani" dopo la Shoah/Porhaymòs... Il soggiorno d'entrambi popoli nell'Europa orientale ha persino determinato certe caratteristiche riguardanti l'abbigliamento, infatti, il tipico vestito e cappello che portano i Giudei Ashkenazim più ortodossi appartiene alla nobiltà polacca e baltica di fini del Medioevo e periodo successivo, e non è molto diverso dal vestito e cappello che portano gli uomini dei gruppi Rom più "ortodossi". Oltre all'abbigliamento, i Rom usualmente hanno folte basètte, un'alternativa accettabile alle "pe'ot" giudaiche.

Premesse per un'ipotesi:

ˇGli aspetti spirituali e culturali dei Rom coincidono esclusivamente con antiche caratteristiche ebraiche;
ˇGli elementi collegati al culto del fuoco presenti nella società romanì implicano che i Rom hanno soggiornato in Persia un tempo sufficientemente lungo per averle adottate, e necessariamente prima dell'occupazione islamica, ovvero, prima del loro arrivo in India;
ˇResti di rudimenti scito-sarmàtici nei costumi Rom sono le uniche vestigia del loro soggiorno in India (oltre alla lingua) e rivelano che abitavano la regione non-ariana dell'India; tali elementi appartengono a quel periodo e non dopo, perché la cultura scito-sarmàtica era già stata largamente assorbita dalle civiltà slave ed ungherese quando i Rom arrivarono in Europa Orientale;
ˇIn quanto concerne alla lingua, è molto fattibile che i Rom parlassero già una lingua ìndica prima di giungere nel subcontinente e che quella fosse la lingua urrita, adottata durante i primi secoli d'esilio nel Paese di Mitanni.

Le Evidenze

Ci sono fatti indiscutibili che riguardano il popolo Rom, i quali provvedono la chiave per scoprire la loro vera origine e permettono di elaborare un percorso storico fattibile. Qui intendo esporre alcuni di questi fattori:

Credenze

Il credo dei Rom mostra le seguenti caratteristiche:
ˇStretto monoteismo, senza la minima traccia d'aver praticato nel passato alcuna presunta religione politeista o panteista.
ˇIl carattere molto personale di Dio, Chi è accessibile e con Chi è possibile persino discutere (concetto ebraico) - non è irraggiungibile come Allah e neanche relativamente accessibile come nel cristianesimo, che usualmente necessita d'un Mediatore per avere un contatto personale con Lui.
ˇL'esistenza d'un mondo spirituale, che consiste in spiriti puri ed impuri (concetto ebraico) e rappresentano il bene ed il male in costante lotta - questa concezione è originalmente ebraica, anche se ha una marcata influenza zoroastrica, risultato naturale dell'esilio assiro/babilonese/persiano e sviluppato nella stessa maniera del giudaismo kabbalistico, mostrando un'evoluzione contemporanea della spiritualità romanì ed il giudaismo mìstico nel medesimo ambiente.
ˇLa credenza nella morte come passaggio definitivo al mondo spirituale (concetto ebraico). No c'è la minima traccia dell'idea della reincarnazione.
ˇLa persona morta è impura durante il suo viaggio verso il regno degli spiriti (concetto ebraico), e tutte le cose connesse con la sua morte sono impure, come lo sono anche i suoi parenti durante il periodo di lutto (concetto ebraico). Ulteriori dettagli verranno descritti nel prossimo argomento, "marimè".
ˇLa destinazione dei Rom dopo la morte è il Paradiso, mentre che i gagè possono essere redenti e meritare il Paradiso se sono stati buoni con i Rom - concetto identico a quello giudaico di "giusto tra i Goyim".

Questi parametri di fede trascendono qualsiasi religione "ufficiale" che i Rom possano confessare. Ci sono generalmente aspetti tradizionali e rituali che appartengono alla loro confessione d'adozione, i quali i Rom esprimono in modo pittoresco ed osservano con grande rispetto, come la "pomana", una pratica della chiesa ortodossa, o altre cerimonie. Ci sono altri elementi complementari di natura piuttosto superstiziosa, tutti i quali risalgono al culto del fuoco dell'antica Persia. Alcuni di questi sono considerati validi all'interno della loro società, come avere sempre il fuoco acceso in casa, giorno e notte, inverno ed estate (una tradizione ancora osservata dalle famiglie più conservatrici, mentre generalmente sta evolvendosi verso l'uso d'un fuoco "simbolico" come la TV sempre accesa anche se di fatto nessuno la guarda). Altri costumi si praticano solo esteriormente, come divinazione, chiromanzia, tarot, ecc. nelle cui potenti virtù i Rom non credono ma usano queste pratiche come fonte di guadagno dall'ambiente gagè. Questo è stato imparato dagli antichi magi ed alchimisti Persiani.
Ci sono fondati motivi per credere che i Rom erano già cristiani sin dal primo secolo e.c., cioè, prima di giungere in India o durante il primo periodo del loro soggiorno in quella terra, ed è una ragione per cui non hanno adottato alcun elemento indù nella loro concezione religiosa. Risulta infatti che i Rom erano molto ben informati sul cristianesimo quando entrarono in Europa, anche se non avevano avuto la possibilità d'aver mai letto la Bibbia. C'e qualcosa di misterioso nella spiritualità romanì che negli ultimi decenni li ha portato verso un approccio genuino verso i movimenti evangelici (la forma di cristianesimo più vicina al giudaismo, senza santi né culto delle immagini) ed ultimamente ad un passo successivo verso il giudaismo messianico. Non c'è nessun altro popolo sulla terra che abbia esperimentato un così numero di conversioni praticamente in massa in così poco tempo. Il fatto interessante è che tale fenomeno non è il risultato d'attività missionaria ma d'una volontà autonoma e spontanea (di fatto, i gagè avrebbero difficilmente intentato d'evangelizzare gli "zingari", devoti alle arti occulte e la stregoneria, secondo le comuni vedute pregiudicate). Contro ogni probabilità, molti Rom di diversi Paesi e quasi simultaneamente, senza connessione tra di essi, esperimentarono conversioni ed iniziarono a leggere la Bibbia. Adesso l'attività missionaria è svolta dai Rom e Sinti stessi. Questo può avere una spiegazione se si comprende che esiste un legame atàvico che è particolare della spiritualità romanì. La maggioranza dei Rom adesso stanno abbandonando gli elementi del culto del fuoco e tradizioni ancestrali proibite dalla Torah, come la pomana, la divinazione e cose collegate ad essa.
Una congettura fattibile (osservazione: una congettura) può essere che il loro primo approccio verso la fede cristiana abbia a che fare con i biblici magi che adorarono il fanciullo Yeshua di Natzaret; evidentemente, essi non erano semplici adoratori del fuoco Persiani, ma gente che aspettava il Messia promesso ad Israele, quindi, Israeliti del Regno di Samaria che a quel tempo erano già completamente immersi nel culto zoroastrico, ma tuttavia speravano nella redenzione del proprio popolo. Documenti storici riportano che nel primo secolo e.c., si verificarono conversioni di massa in Assiria, dove gli Apostoli sono andati a riscattare "le pecore perdute" della Casa di Israele, giacché molti di loro erano ancora in quella regione. Altri Apostoli raggiunsero l'India per lo stesso motivo. Un fatto curioso è che i popoli discendenti degli antichi Israeliti recentemente scoperti in India erano quasi tutti cristiani, non indù o d'altra fede. La totale assenza d'elementi indù nella spiritualità romanì deve avere un significato.

Le leggi di purezza rituale, "marimè"

Il concetto romanì di "marimè" equivale alla forma negativa del concetto ebraico di "kosher"; il primo indica impurità rituale, mentre il secondo si riferisce alla purezza rituale. Oltre a questa diversità di punti di vista, l'essenza è la stessa (è come dire se il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno). Ciò ch'è marimè per un Rom, non è kosher per un Giudeo, quindi entrambi prenderanno le dovute misure per non contaminarsi con tali cose, oppure se si tratta d'un inquinamento necessario ed inevitabile, entrambi seguiranno determinate regole di purificazione. Nello stesso modo che la kashrut giudaica, le regole sul marimè sono un valore fondamentale nella società romanì, le quali definiscono i limiti comportamentali all'interno del loro àmbito sociale e spirituale e condizionano i loro rapporti con il mondo esterno (la società gagè).
I Rom classificano tutto in due categorie: "vuzhò" (=kosher, puro) o "marimè" (impuro). Tale distinzione riguarda in primo luogo il corpo umano, ma s'estende al mondo spirituale, alla casa o al campo, agli animali e le cose.
ˇIl corpo umano: le regole concernenti le parti del corpo umano che devono ritenersi impure sono esattamente le stesse che troviamo nella Torah Mosaica (Levitico, cap. 15). In primo luogo, gli organi genitali, perché portano flussi dal corpo interiore, e la parte inferiore del corpo, perché si trova sotto i genitali. La parte superiore esterna del corpo è pura, e la bocca in primo luogo. Le mani sono in stato di transizione, perché devono svolgere atti sia puri che impuri, quindi devono essere lavate in modo particolare, ad esempio, se si deve mangiare dopo aversi allacciato le scarpe o alzato dal letto (il letto è impuro perché a contatto con la parte inferiore del corpo). Quando le mani sono state contaminate, devono essere lavate con un sapone appositamente adibito a questo scopo, ed asciugate con un panno altrettanto destinato per questo, per renderle pure. Diversi saponi e panni per asciugare si usano sempre per le parti superiore ed inferiore del corpo, e non possono essere scambiati
.
ˇVestiti: devono differenziarsi accuratamente perché vanno lavati separatamente, in recipienti adibiti ad ogni categoria. I panni impuri devono sempre lavarsi nella bacinella marimè, e quelli puri sono ancora differenziati dalle tovaglie e tovaglioli da tavolo, che hanno il proprio recipiente. I vestiti della parte superiore del corpo e quelli dei bambini si lavano nella bacinella
vuzhó, mentre i vestiti della parte inferiore vanno in quella marimè. Tutti i vestiti della donna durante le mestruazioni sono impuri e quindi si lavano con gli articoli marimè. L'unico popolo che applica queste regole di lavaggio a parte i Rom sono i Giudei.
ˇIl campo: prima della recente urbanizzazione forzata, la dimora romanì era il campo piuttosto che la casa. Il campo gode dello stato di purezza territoriale, per cui i bisogni fisiologici devono espletarsi fuori dalle sue vicinanze (o gli eventuali gabinetti igienici si costruiscono fuori dal campo); quest'è un precetto giudaico (Deuteronomio 23:12). Anche la spazzatura dev'essere gettata via ad una distanza accettabile dal campo
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ˇNascita: la nascita di un bambino è un evento impuro e deve avvenire in una tenda isolata appena fuori dal campo, quando è possibile. Dopo la nascita, la madre è considerata impura per quaranta giorni, soprattutto durante la prima settimana: questa regola è esclusiva della Torah Mosaica - Levitico 12:2-4 -. Durante questo periodo, la donna non può essere in contatto con elementi puri o svolgere attività come cucinare oppure comparire in pubblico, soprattutto in presenza degli anziani; ella non può assistere ai servizi religiosi. Le sono assegnati piatti, bicchieri e posate, che vanno gettati via una volta trascorsi i 40 giorni di purificazione; i vestiti che ha indossato ed il suo letto sono bruciati, come anche la tenda o altra dimora dove è stata durante quei 40 giorni. Questa legge è sconosciuta a tutti i popoli eccetto i Giudei e i Rom
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ˇMorte: così come nella Legge Giudaica, la morte di qualcuno comporta impurità rituale per tutti e tutto ciò che abbia avuto relazione con quella persona in quel momento. Tutto il cibo presente nella casa al momento della morte è buttato via, e tutta la famiglia è impura per tre giorni. Regole particolari devono essere osservate, come lavarsi con sola acqua, senza sapone per non fare schiuma; è vietato pettinarsi o radersi, così come spazzare, forare, scrivere o pitturare, fare fotografie, e varie altre cose. Gli specchi vanno coperti. Il campo dove la morte è avvenuta è abbandonato e trasferito altrove, o la casa è venduta. L'anima del morto si crede sia errante per tre giorni di purificazione prima di raggiungere la dimora finale: questo non si trova nelle Scritture Ebraiche, ma è un'idea comune in certe correnti mistiche giudaiche. Il concetto che il contatto con un corpo morto comporti impurità non esiste in nessuna tradizione antica eccetto nella Bibbia Ebraica (Levitico 21:1). Com'è stabilito dalla Legge Giudaica, anche fra i Rom il morto dev'essere seppellito e non può essere incenerito.
ˇCose: possono essere marimè per natura o per uso, o essere contaminate per circostanze incidentali. Qualunque cosa che viene a contatto con la parte inferiore del corpo è impura, come le scarpe, sedie, ecc., mentre i tavoli sono puri. Le regole riguardanti queste leggi sono descritte in Levitico 15 ed altre Scritture Ebraiche.
ˇAnimali: i Rom considerano gli animali puri o impuri, anche se i parametri per definirli sono diversi da quelli giudaici. Per esempio, cani e gatti sono marimè perché si leccano, cavalli, asini ed ogni animale da sella è impuro perché la gente ci si siede sopra, e così via. Gli animali impuri non si possono mangiare.
ˇSpiriti: gli spiriti maligni sono marimè, che è un concetto ebraico.

Leggi matrimoniali

Il fidanzamento e matrimonio romanì si celebrano nello stesso modo che nell'antico Israele. I genitori d'entrambi sposi svolgono un ruolo essenziale nel disporre la dote della sposa ed il matrimonio si celebra all'interno della comunità Rom, senza alcuna partecipazione delle istituzioni gagè. In caso che la ragazza scappa via con il suo fidanzato senza il consenso dei genitori, la coppia è considerata come sposata a tutti gli effetti, ma la famiglia dello sposo deve pagare un risarcimento a quella della sposa, che generalmente equivale al doppio della dote. Questo risarcimento si chiama "kepara", una parola che ha lo stesso significato dell'ebraico "kfar" (Deuteronomio 22:28-29). Il pagamento della dote da parte della famiglia dello sposo è una regola biblica, esattamente l'opposto di quanto avviene nei popoli indiani, in cui sono i genitori della sposa a pagare a quelli dello sposo.
C'è un precetto particolare che dev'essere osservato per consolidare il matrimonio, il "panno di prova di verginità", che dev'essere mostrato alla comunità dopo il primo rapporto sessuale - questa regola si trova nella Torah, Deuteronomio 22:15-17. Certamente, in caso di una coppia fuggitiva tale regola non ha alcun senso e di conseguenza non viene osservata.

Comportamento sociale

Così come i Giudei, i Rom assumono diversi parametri comportamentali per i rapporti con il proprio popolo e per l'interazione con gli altri, e si può stabilire con certezza che le opposizioni Rom/gagè e Giudei/goyim sono regolate in maniera assai simile, magari identiche in quasi tutti i dettagli.
Siccome i gagè non conoscono le leggi che regolano il marimè, essi sono sospetti d'essere impuri o si assume che lo siano, di conseguenza, i Rom non alloggiano in case dei gagè e non mangiano con i gagè; alcuni Rom nemmeno entrano in una casa di gagè - la stessa usanza si trova nell'antico Israele, ed è tuttóra praticata dai Giudei ortodossi. I gagè che diventano amici dei Rom sono ammessi una volta che sono al corrente delle regole fondamentali da osservare in modo di non offendere la comunità, e dopo aver superato delle "prove" d'affidabilità. In altre situazioni, le istituzioni gagè sono usate come "zona franca", dove si possono svolgere attività impure necessarie - un esempio tipico è l'ospedale, che permette d'evitare la sistemazione d'una tenda apposita per le nascite.
Cortesia, rispetto ed ospitalità sono obbligatorie fra i Rom. Quando si salutano l'uno l'altro si deve domandare per le rispettive famiglie desiderando a tutti i membri bene e salute, anche se s'incontrano per la prima volta e di fatto non si conoscono le famiglie. L'autopresentazione include i nomi dei genitori, avoli e quante generazioni si ricordino - il nome e cognome anagrafici non hanno alcuna rilevanza; i Rom si chiamano come nell'antico Israele, A figlio di B, figlio di C, della famiglia dei D. Questo sistema è comunque comune a molti popoli medioorientali, tuttavia il modo come lo formulano i Rom è assai biblico.
Le cause giudiziarie fra i Rom si devono presentare all'assemblea degli anziani della comunità , come prescritto nella Legge Mosaica. L'assemblea degli anziani Rom si chiama "kris", ed è una vera e propria Corte di Giustizia, le cui decisioni devono essere ubbidite, altrimenti la parte ribelle può essere messa al bando dalla comunità romanì. I casi generalmente non sono così gravi da non potersi risolvere con il pagamento di un'ammenda, come regolato dalla Torah (Esodo 21:22; 22:9; Deuteronomio 22:16-19).
Ci sono molti altri aspetti che possono essere di secondaria importanza, che in ogni caso ricordano antiche regole e costumi israeliti. Purtroppo, tali particolari si stanno perdendo con le nuove generazioni (come molti si sono persi anche tra i Giudei) perché il sistema della società moderna restringe la libertà dell'individuo e delle comunità "esotiche". Tuttavia, i sentimenti e le tendenze romanì devono essere prese in considerazione, perché corrispondono ad un'eredità psicologica ancestrale trasmessa da generazione in generazione, in maniera inconsapevole ma risalendo alle vere origini. Per esempio, i Rom non sono affatto attratti dalla cultura o la musica indiana (inoltre, le donne Rom hanno un tono di voce grave, in contrasto con le cantanti indiane, un particolare che può essere insignificante, ma forse no), mentre hanno sempre prediletto la musica del Medio Oriente. In Europa dell'Est, la maggioranza delle espressioni folk sono ebraiche o romanì, e spesso la stessa opera è attribuita all'una o all'altra di queste tradizioni. I complessi "klezmorim" erano spesso composti da Rom insieme ai Giudei, e lo stile di jazz europeo è stato coltivato dai Rom come dai Giudei. Il flamenco probabilmente nacque tra i Giudei Sefaradim prima della loro espulsione dalla Spagna, e fu successivamente sviluppato dai Gitani che rimasero in quel Paese. In altri aspetti, i Rom hanno una grande abilità commerciale (e se devono lavorare in società, i Giudei sono preferiti) e quelli che scelgono un inserimento professionale nella società gagè usualmente preferiscono le stesse carriere scelte dai Giudei (forse per motivi collegati alle leggi di purezza rituale, che non permettono ogni sorta d'attività). Per ultimo ma non meno importante, i Rom fanno distinzione tra i comuni "gagè" ed i Giudei, che non sono ritenuti come gagè a tutti gli effetti ma come una categoria intermedia che osserva le leggi di purezza rituale e di conseguenza non sospetti d'essere marimè.

Conclusione:

Questo breve studio intende fissare i princìpi sui quali una nuova, seria ed accurata ricerca sulle origini dei Rom e Sinti si debba fondare, invece dell'insistenza nel continuare con una tendenza esclusivamente linguistica e fuorviante. I fatti presentati non escludono che i Rom possano essere vissuti a Kànnaugi o altrove in India, anche se la Valle dell'Indo sembra essere la regione più appropriata per il loro soggiorno nel subcontinente, ma dimostra che in ogni caso i Rom non appartengono ad un'origine ìndica (e tanto meno ariana), ma bensì semitica, anzi, ebraica. Gruppi Israeliti erano numerosi in tutta l'India, ed è stato possibile riscoprire alcuni d'essi lasciando da parte la traccia linguistica (perché tutti quanti loro parlavano lingue ìndiche) e concentrando la ricerca sugli indizi culturali che rivelano la loro vera origine, tali indizi sono tuttóra meno determinanti di quelli che troviamo nella cultura romanì, e tuttavia sono stati sufficienti a determinare l'origine ebraica.

 

Sándor Avraham

 

 


Ricerca

Uno studio accurato sullo sviluppo storico dei fatti dimostra che la teoria dell'origine a Kànnaugi è insostenibile. Le cronache della conquista gaznavide riportano un numero di prigionieri di dimensioni incredibili, e la crudeltà oltre l'immaginabile: dopo che tutti i soldati catturati da Kànnaugi furono uccisi, centinaia di migliaia di prigionieri civili furono legati, flagellati, umiliati, forzati a convertirsi all'islam ed in fine venduti nei mercati di schiavi. Non c'è bisogno di dare una descrizione dettagliata di quelle campagne di de terrore in questo studio. Alcuni ricercatori speculano che l'origine dei Rom si possa trovare in queste deportazioni di massa: è veramente difficile immaginare che quei prigionieri, che furono venduti come schiavi, dispersi in tutto l'impero e forzati a diventare musulmani possano aver trovato il modo di scappare come gruppo organizzato, composto da un popolo con la stessa lingua e cultura, senza la minima traccia di islamizzazione e con una meta ben definita: giungere alle terre cristiane di Occidente. Tale ipotesi appare impossibile, considerando l'annichilimento sistematico della personalità subito dai prigionieri da parte degli oppressori gaznavidi.
La cronologia della Valle dell'Indo (in inglese) ci mostra la corretta successione dei fatti ed i caratteri etnici, sociali, culturali e religiosi che si susseguirono attraverso i secoli in quella regione, e ci da la chiave per poter capire l'origine di questo popolo e le ragioni del loro esodo verso Occidente. Abbiamo elementi sufficienti per sostenere l'ipotesi che le cause della migrazione romanì sono state principalmente di natura religiosa, non dopo le invasioni musulmane ma prima di esse, per l'ascendente egemonia induista durante l'era Rajput. I primi racconti dell'arrivo dei Rom in Europa indicano un'identità religiosa, piuttosto che etnica: siano queste veritiere o no, le ragioni esposte dai Rom per ottenere permessi e lasciapassare per attraversare i confini erano pellegrinaggio, persecuzione religiosa ed altri motivi simili, essendosi sempre identificati, sin dall'inizio, come cristiani.
La fede nazzarena arrivò nella Valle dell'Indo durante il secolo I c.e. Secondo gli scarsi documenti esistenti, questo credo fu adottato dagli Israeliti esiliati che erano già presenti in India dal secolo IV bce. Anche se certe tradizioni non debbono essere considerate seriamente come fatti veridici fino a quando gli eventi a cui fanno riferimento non siano storicamente provati, una volta accertato il racconto merita credibilità al meno nella misura in cui le evidenze lo permettano. Uno degli antichi testi letterari che fu considerato come leggenda è il libro apocrifo degli Atti di Toma, che nel capitolo 17 racconta che l'Apostolo Toma si presentò alla corte del re Gondapharna nel Pundjab. Lo storico Eusebio di Caesarea, in Historia Ecclesiastica, III.1, menziona a Toma come l'Apostolo inviato al Regno dei Parthi. Gondapharna è stato considerato dagli storici come una figura leggendaria, fino a quando la sua esistenza fu accertata in 1872, ed il periodo del suo governo fu stabilito grazie ad una iscrizione dell'anno 26 del suo regno, che era l'anno 47 c.e. In base a questa scoperta ed alla ricerca successiva, è inevitabile riconoscere che l'autore degli Atti di Toma era molto ben informato da fonti contemporanee, giacché il nome di questo re non poteva essere conosciuto da scrittori di un periodo successivo.
Dopo di questo primo arrivo del cristianesimo nella Valle dell'Indo, i missionari Assiri eseguirono un estensivo lavoro d'evangelizzazione in tutto il continente, così come altri emissari che portarono le epistole scritte in greco, che divenne lingua comune tra i cristiani in tutte le terre che erano state prima conquistate dagli eserciti di Alessandro ed ampiamente usata dai popoli ellenizzati.
A questo punto possiamo cercare nella lingua romanì qualche indizio che contribuisca a riconoscere l'antico credo dei Rom, quando erano ancora nell'esilio nella Valle dell'Indo. Uno dei termini che nessuno studioso è riuscito a spiegare in modo soddisfacente è la stessa designazione etnica di questo popolo: "Rom". Si sono proposte diverse teorie speculative finalizzate a trovare un origine sanscrito di questa parola, senza poter dare alcun risultato convincente. Anziché una denominazione etnica, questo termine potrebbe aver indicato un'identità religiosa: Ρωμαίοι (Romaioi), ovvero, cristiani.
Un'altra parola della lingua romanì che ci porta alla stessa conclusione è khangheri, che oggi si traduce come chiesa. Infatti, questo termine indica specificamente o sinagoga o tempio cristiano, senza alcun altro significato. Perché la lingua romaní ha questa parola per riferirsi ad un luogo di culto, e non un termine sanscrito equivalente per indicare tempio induista o stupa buddista? Perché neanche esiste alcuna parola romanì per moschea?
Lo scenario in cui l'esodo romanì ebbe luogo è più comprensibile se consideriamo il principio dell'oppressione dei brahmani e l'inclusione forzata nel sistema di caste come la ragione per cui un gruppo organizzato di persone, con una cultura, leggi e concetti religiosi ben definiti, decidesse di emigrare seguendo una direzione precisa: i regni cristiani di Occidente.
È anche ragionevole collocare questa migrazione prima delle invasioni musulmane: era praticamente impossibile che persone fatte schiave e forzate a convertirsi siano riuscite a scappare in un periodo tanto breve che neanche hanno conservato alcuna parola araba o turca nella loro lingua, né costumi o altri elementi culturali (l'influenza turca nei gruppi balcanici ebbe luogo in Europa, durante la dominazione ottomana, perché i Balcani ed Anatolia erano dominio romano-bizantino quando i Rom arrivarono in Europa). I Rom rimasero in Armenia in tnato che questa regione era sotto dominio cristiano, prima di entrare in Europa.
Quando i Rom deciddettero di abbandonare la terra in cui avevano vissuto per molti secoli, si erano fissati una destinazione ben precisa: i regni cristiani dell'Occidente. Essi partirono con la massima fretta per raggiungere le terre dove erano diretti, senza rimanere molto tempo nei Paesi che trovarono sulla loro strada. Le caratteristiche particolari della Legge Romanì ci danno molte chiavi per conoscere i motivi di tale esodo. Erano un popolo diverso, con un'antica tradizione semitica, profondamente influenzati dal misticismo zoroastriano e dallo stile di vita degli Sciti.

 

 

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